Mostre, Storie

MOSTRE LUNARI #4: 7 ATLANTI di Andrea Fogli al Mattatoio, Roma

Organizzata dall’Azienda Palaexpo negli spazi del Mattatoio di Testaccio , a cura di Stefano Chiodi, la mostra raccoglie 7 cicli di opere di Andrea Fogli realizzati dal 2000 ad oggi, per la prima volta esposti tutti insieme.

Catalogo Quodlibet in uscita a metà gennaio 2025.

 foto di Simon d’Exea

 

 

 

__________  1  __________

EFFEMERIDI DEL GIARDINO

Effemeridi del Giardino, 10.1.2019 /19.2.2019, 59 argille crude diam. 10 cm e 59 pagine di diario  20×15. Ciclo indivisibile  —–  Erbario Planetario (suite), 2017/2024, 14 disegni in polvere di pastello su carta, cm 40×30.

 

 

 

 

” Caro Andrea, oggi alla Fondazione ho trovato i tuoi disegni dell’erbario, in realtà tracce, esiti di un percorso di cattura realizzata come sai fare tu: con leggerezza, empatia, affetto. Questa traccia mi ha fatto pensare e mi sono chiesta: cosa ha “fermato” Andrea su questo foglio e sui molti altri fogli [che simpatica omofonia delle parole!] che negli ultimi mesi ha realizzato attraversando la città e le sue periferie ovvero in luoghi dove resta una presenza di elementi naturali, o dove una foglia o una qualsiasi rimanenza di questa (secca o già corrosa dal tempo) racconta una storia di vicissitudini di resistenza e resilienza? Tra l’altro, questo ricercare senza fretta ma ponendoti in una sorta di ascolto delle piante e dei fiori,  che poi sottoponi al tuo disegno (far assorbire il colore – blu, azzurri, perlopiù – alle foglie o agli steli per poi rilasciarlo in forma di tracce),  produce collegamenti imprevisti di un “terreno comune” tra luoghi diversi. E la forma del “diario”, per svolgere e riavvolgere il racconto di questo tuo peregrinare (benjaminiana memoria dei suoi Passages), in molteplici possibili direzioni, risponde bene alla ricerca di residui del tempo, di presenze reali, di brandelli di vita che, insieme, montati nelle lunghe serie di disegni o reperti delle tue mostre, scandiscono non soltanto un registro temporale ma una storia affettiva che si è annodata in punti precisi dello spazio cittadino e non soltanto.

Cosa hai dunque fermato con le tue tracce? Qui alla Fondazione, dove hai catturato il ricordo di una mano laboriosa (quella di Baruchello) […]  hai recuperato alcune delle tracce di una natura forte, che racconta una lunga storia: dagli antichi Etruschi fino ad oggi, passando attraverso disboscamenti, coltivazioni agricole e ritorno al bosco. […] Questi frammenti o tracce che hai catturato nei tuoi disegni – ombre, “anime minime” come le avrebbe chiamate Jean-François Lyotard, tasselli di un mosaico da ricomporre – descrivono itinerari affettivi in cui la sintonia è la disposizione a guardare e cogliere, differentemente, senza strategie basate sull’utilità o la convenienza di fare qualcosa, i residui di storie da recuperare alla nostra sensibilità. Tu, bravo archeologo di reperti del sensibile e degli affetti, lo stai facendo ”

Roma, 17 aprile 2019

Carla Subrizi

in A.F., Effemeridi del Giardino, Freemocco, Deruta 2025

 

 

” Dear Andrea, today at the Fondazione, I found your drawings of the erbario, which are in fact traces, the result of a process of capturing, carried out, as you know so well how to do, with lightness, empathy and affection. These traces made me think and I wondered: what has Andrea “fixed” on this folio and on the many others that he has created over the last few months while wandering through the city and its suburbs, or in places where the presence of nature remains, or where a leaf or a remnant of it (dry or already corroded by time) tells a story of vicissitudes, resistance and resilience? By the way, this quest without haste but instead listening to the plants and flowers, which you then subject to your design (letting the leaves or stems absorb the colour—mostly blue, light or dark—and then releasing it as traces), produces unexpected connections between different places in a “common ground.” And the form of the diary, to unfold and rewind the story of your wanderings (a Benjaminian reminder of his Arcades Project), in many possible directions, is well suited to the search for remnants of time, real presences, fragments of life, which, assembled in the long series of drawings or finds of your exhibitions, articulate not only a time scale but also an affective history that has been woven into precise locations in urban space and beyond.

So what did you fix with your traces? Here at the Fondazione, where you have captured the memory of an industrious hand (that of Baruchello), […] you have recovered some of the traces of a strong nature that tells a long story, from the ancient Etruscans to present days, from deforestation, to farming and the return of the forest. […] These fragments or traces that you have captured in your drawings—shadows or “minimal souls ,” as Jean-François Lyotard would have called them, tesserae of a mosaic to be recomposed—depict emotional itineraries where harmony lies in the willingness to look and grasp, in a different way, free from strategies based on the usefulness or convenience of doing something, the remnants of stories to be recovered for our sensibility. You, as a talented archaeologist of artefacts of sensitivity and affection, are doing so ”

Rome, 17 April 2019

Carla Subrizi

(trad. Julie Grislain- Higonnet)

 

   

Glicine, Fondazione Baruchello, 16-4-2019 ……. Ombelico di Venere, Piantagione Paradise di J.Beuys, 21-1-2018

 

 

 

 

 

____________   2   ___________

DORMIENTI

 

Dormienti, 2021/2022, 59 argille crude, diametro circa 10 cm, Ciclo suddiviso in 5 teche indipendenti 115×75 cm

 

 

 

 

“Avvolte in segni difficili da scrutare, talune opere d’arte profumano di rosa prima che appaiano. Così si preannunciano le sculture di Andrea Fogli, che spesso odorano di cera vergine. Poiché ci accingiamo a osservare un’arte notoriamente sovrana di molteplici sottigliezze, saremmo tentati di guardarla con l’aria distratta di chi teme i tormenti del linguaggio. Si sa che le apparizioni più vere si mostrano meglio alle pastorelle ingenue e agli spettatori distratti. Ma abbiamo notato che l’artista non preannuncia vie iniziatiche, né l’infinito, né corsi di sapienza, e questo ci conforta. […]  Una volta giunti nella sala più remota dell’esposizione, veniamo accolti da una scultura in forma di sospetto. Ha sembianze umane e il volto dell’artista, ma sta distesa come un paesaggio o un libro. Benché statico, pesante e chiuso in un sogno, quel corpo zenitale ad occhi chiusi sta in una postura di energia. Non sta seduto in zazen, lui lievita come in una posizione di relatività ristretta […] Fogli ci ha proposto una via che sarebbe piaciuta a Lao Tze, il vecchio che era un bambino. Citando un anonimo nato il suo stesso giorno, l’artista romano ci ha invitati a “leggere i libri sacri come favole (e) leggere le favole come libri sacri”. Una sorta di lettura al quadrato, purché il quadrato sia privo di angoli, come la raffigurazione cinese dell’infinito […]  Un’elisione apre nuovi varchi, non li chiude mai. Come plasma le metamorfosi della forma umana in cartografia terrestre con lo stesso metodo “a levare” col quale disegna, così Fogli procede nelle relazioni tra spazio e oggetti, tra questi e noi spettatori, mediante elisioni che ci dischiudono a rapporti più avanzati, attraverso consonanze di corpi che riflettono l’ambiente, o pareti alzate che ci deviano  da recinti più mentali. Anche i suoi volti ad occhi chiusi hanno le palpebre calate come apostrofi per meglio riunire i loro sogni ai nostri […]”

Tommaso Trini

in A.F., Scala reale, Diagonale/Galleria d’Arte Moderna Bologna, Roma 2002

 

 

“Enshrouded in signs difficult to decipher, certain works of art emanate a rose perfume before they even appear. Thus are heralded Andrea Fogli’s sculptures, wich often smell of virgin wax. Given that the artistry we distracted air of those who have fear the torments of language. It well known that the truest apparitions reveal themselves best to artless peasant-girl and distracted spectators. But we have noticed that the artist does not herald initiatory journeys, nor the infinite, nor courses in wisdom, and this comfort us. […]  Once we have arrived in the remotest hall of the exhibition, we are greeted by a suspicion—shaped sculpture. It has a human semblance and the artist’s contenance, but it is lying down like a landscape or a book. Though static, heavy, and closed in a dream, that zenithal body with shut eyes has a posture of energy. He is not sitting in zazen, he is lievitating as though in a position of restricted relativity […] Fogli has suggested to us a way of reading that Lao-tzu, the old man who was a child, would have liked. Citing an anonym born on the same day as himself, the Roman artist has invited us to “read sacred books as if they were fables (and) fables as if they were sacred books”. A sort of squared reading, as long as the square without corners, as is the Chinese depiction of infinite […] An elision opens new passageways, it never closes them. As he moulds the metamorphoses of the human form in to a terrestrial cartography with the same method of “taking away” whic he use to draw, so Fogli proceeds in the relations between space and objects, between the latter and us spectators, by means of elisions that disclose us to more advanced relationships, through consonances of bodies which reflect the environment, or raised walls that deviate us from more mental fences. Even his visage with shut eyes have their eyelids lowered as apostrophes in order the better to reunite their dreams and ours […]”

 

Tommaso Trini

in A.F., Scala reale, Diagonale/Galleria d’Arte ModernaBologna, Roma 2002

trad. Lorenzo Gabutti e Maria Pia De Martin

 

 

 

_________ 3 __________

DIARIO DELLE OMBRE

 

Diario delle ombre, 2000/2006, 365 disegni a matita su carta cm  48×36 (di cui 155 in mostra) .

 

 

 

 

” […] Il mondo di Andrea Fogli è un regno di mezzo, in cui interno ed esterno, sogno e realtà, vicinanza e lontananza confluiscono gli uni negli altri. I suoi disegni sembrano dei mondi interiori rivolti verso l’esterno, il progetto paradossale di un’emittente grafica che opera con segnali che essa stessa tenta di decifrare. Spesso le figure che Fogli elabora disegnando cercano di volgersi a un immaginario spazio esterno, anche se noi non siamo in grado di vedere i loro sguardi. E, altrettanto spesso, nei suoi disegni appaiono forme biomorfe dove, come in un utero, sembra svilupparsi una nuova vita. La “vita” che egli realizza disegnando mette in gioco una forma di vitalità che sa come turbare le norme del consueto.                                                                                                               La storia è un sogno da cui continuamente ci risvegliamo, e Andrea Fogli è,
in questo senso, come un’emittente, che dall’interno fa filtrare segnali e impulsi. Come le figure e le forme sembrano pulsare in se stesse, così anche l’accadere onirico-silente dei disegni pare trasfondersi in noi. Lo sguardo di Andrea Fogli
è vulnerabile, è uno sguardo che riconosce la vita come luogo di segreti, piaceri e abissi, e considera se stesso parte di questo mondo. Il fatto che i suoi disegni ci inquietino e si insinuino sottopelle è, in questo senso, un’esperienza che non solo possiamo osservare dall’esterno, ma rivivere e ricreare in noi stessi.
I disegni di Andrea Fogli sono quindi doni poetici per i nostri occhi: ci regalano esperienze che possiamo fare solo qui, sulla superficie della carta”

Jan Hoet

in A.F., Diario delle ombre, Kerber / Incontri Internazionali d’Arte, Bielefeld, 2006

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ora nera, 22-10-2003 …… Una tormentata fermezza, 12-10-2003

 

 

” […]  The world of Andrea Fogli is an inter-realm in drawing, in which interior and exterior, dream and reality, closeness and distance are in a state of flux. Andrea Fogli’s drawings appear to me to be inner worlds addressing the outside, a paradoxical project of a drawing transmitter operating with signals it itself is attempting to decode.The figures developed in Fogli’s drawings frequently try to turn to an imaginary exterior, even though we can’t see their gaze. Biomorphic shapes appear equally frequently in which, similar to a womb, new life appears to be developing. The “life” that Andrea Fogli seems to be creating in his drawing is a form of liveliness able to baffle familiar notions.
                                                                      History is a dream from which we keep reawakening, and Andrea Fogli is akin to a transmitter broadcasting signals and impulses from inside to the space around him. Just as the figures and forms appear to be pulsating within themselves, the dreamlike, silent events in the drawings seem to translate to us. Andrea Fogli’s gaze is vulnerable; it recognises the world as a place of secrets, desires and depths of despair, and regards itself as a part of this world, of art and drawing.The fact that Andrea Fogli’s drawings are confusing and get under our skin is not something that we observe dispassionately; instead it’s a phenomenon we can experience, mould and distinguish ourselves.
Andrea Fogli’s drawings are like poetic gifts for the eyes that give us something we can only experience on the surface of the paper ”

Jan Hoet

in A.F., Diario delle ombre, Kerber / Incontri Internazionali d’Arte, Bielefeld 2006

(trad.Mark Eaton)

 

 

 

 

_________ 4  ________

PICCOLO POPOLO

 

Il Piccolo Popolo , 16.10.2019/ 17.2.2020 (prima parte del Diario delle 365 Figure, 2019/2022), 141 terracotte dipinte, h. circa 20 cm ognuna.

 

 

” Una folla quieta di misteriosi esseri, forse provenienti da un altro tempo, il tempo interiore dilatato di Andrea Fogli, si è impossessata di un territorio altro, l’hortus conclusus del Museo, senza armi se non quelle della percezione e della sensibilità, della visione e, in un certo senso, dell’introspezione. Seguendo la sua poetica gentile, sempre concettuale, leggera e incisiva, che muove da un pensiero, o gioco, filosofico e da una sua personalissima forma di meditazione/distrazione attiva, che forse si lega alle opere dei maestri orientali che si trovano nella sezione al piano interrato, Fogli ha sentito e visto, e poi creato, manipolando ed accarezzando la sua materia, un’installazione non invasiva ma sottilmente pervasiva […]  Il racconto della mostra comincia dalle prime 141 sculture policrome del Ciclo, realizzate tra l’ottobre 2019 e febbraio 2020 a Roma, che formano un assembramento che ancora oggi risuona come proibito, una folla animata e polimorfa di figure in movimento, che ricordano le figurine di un presepe o anche le piccole arcaiche sculture in terracotta greche ed etrusche o di provenienza estremo-orientale, in un lessico di rimandi visivi che Fogli ha ben presente e al quale si rivolge dichiaratamente. Il Piccolo popolo, che ci osserva, raccolto eppur dinamico, dalla stanza centrale, il cuore della mostra. Se non fosse scoppiata la pandemia all’inizio del 2020, il Diario di Fogli si sarebbe svolto coerentemente su questa linea, e il ciclo sarebbe stato un ricchissimo e vivace “Fregio della vita”, dove ogni figura (ci sono anche alcuni, rari, animali) ha una precisa identità, rappresenta qualcosa o qualcuno, testimonia, a partire dalla prima figurina orante con le mani giunte davanti al cuore, in un gesto di ringraziamento antichissimo, che attraversa identico le culture e le religioni. […] ”

Marta Ragozzino

in A.F. Diario delle 365 figure, Artem, Napoli 2023

 

 

 

 

A quiet crowd of mysterious beings, perhaps coming from another time, the extended inner time of Andrea Fogli, has taken possession of a territory of another kind, that of the hortus conclusus of the museum, with no weapons but those of perception and sensibility, of vision and, to a certain extent, of introspection. Following his gentle poetics, ever conceptual, light and sharp, stemming from a philosophical thought or game, and from his very personal form of active meditation/distraction, and perhaps related to the works of the Oriental masters displayed in the lower level, Fogli has felt and seen and then, by manipulating and caressing his material, created a non-invasive yet subtly pervasive installation […] The narrative of the exhibition begins with the first 141 polychrome sculptures of the cycle, created in Rome between October 2019 and February 2020. These form a gathering that still resonates as forbidden today—an animated and polymorphous crowd of moving figures, reminiscent of the figurines of a nativity scene, but also of the small archaic Greek and Etruscan terracotta sculptures or those of the Far East, following a lexicon of visual references that Fogli is well aware of and to which he explicitly refers. The Piccolo popolo, who observes us, collected yet dynamic, from the central room, the heart of the exhibition. If the pandemic had not broken out at the beginning of 2020, Fogli’s Diario would have continued to develop in this way, and the cycle would have been a rich and lively “Frieze of life,” in which each figure (there are even a few rare animals) has a precise identity, represents something or someone, bears witness, starting with the first praying figure with its hands clasped over its heart in a very ancient gesture of gratitude that transcends cultures and religions. […]

 

Marta Ragozzino

in Andrea Fogli, Diario delle 365 figure, Artem, Naples 2023

(trad. Julie Grislain- Higonnet)

 

 

________  5  ________

DIARIO DELLA POLVERE

 

Diario dei 59 grani di polvere (III), 9.12.2020 / 25.2.2021, 59 disegni polvere di grafite  su carta 38×28 cm (di cui in mostra 27).

Figure senza nome (le teste), 2021/2022, 14 sculture in terracotta bianca h circa 17cm

 

 

 

                       

 

“[…]  Il complesso centrale dei lavori esposti è costituito da un gruppo di autoritratti, una serie di teste ottenute trasformando il calco del proprio volto. Le variazioni minime, le operazioni di bellezza, il diverso incidere della luce su ognuna di loro, generano dei ritratti molto differenti, una molteplicità di stati psichici, di personalità parallele. Ma c’è qualcosa che accomuna tutti i ritratti: gli occhi sono chiusi e lo sguardo dell’artista è rivolto verso l’interno. La figura rappresentata è colta in uno stato di meditazione, e l’immagine sembra emergere come dal fondo di un pozzo, ottenuta attraverso una pratica esorcistica.

Il concetto di riflessione, di sguardo e rispecchiamento che testimoniano gli autoritratti riemerge costantemente nei suoi pensieri intorno alla propria opera. Si tratta di un concetto chiave anche per i disegni che, dagli esordi della sua attività artistica, lo hanno accompagnato fino ad oggi, senza essere peraltro quasi mai esposti. I disegni costituiscono un diario intimo sotto vari aspetti: Fogli vi rivela i propri sogni, la ‘pesca’ nell’inconscio e nel subconscio, ma anche i suoi allucinati sogni ad occhi aperti; la propria attitudine ad interpretare la realtà secondo modalità speculative e simboliche, il suo delirare senza febbre e a mente fredda, oltre ad un costante e ambivalente spettro di impulsi erotici e sessuali. Le sue figure – spesso ce ne è una sola – sono come apparizioni di realtà e di energie su cui spesso si è gettato il velo. Solitamente i disegni non sono grandi, e il carattere intimo è rafforzato dal fatto che il disegno sembra incastonato nel centro del foglio come immagine, o impronta, che emerge da una pietra tagliata. […]

 

Peter Weiermair

in A.F., Scala reale, Diagonale/Galleria d’Arte Moderna Bologna, Roma 2002

 

                 

 

” […]  The central block of the exhibition consists of the self-portraits, a series of heads obtained by transforming a cast of his own countenance. The minimal variations, the beautification and the different lighting generate very different portraits, a multipicity of personalities that appaer to have nothing in common. But there is something that all portraits share: the eyes are closed and the artist’s gaze is direct inwards. The figure is caught in a meditative state and the image seems to emerge as though from the bottom of a well, as though by means of an exorcism. The concept of reflection, gaze and mirroring, to which his self-portraits bear witness, re-emerges constantly from his toughts concerning his work. It is also a key concept for the drawings that, from the beginning of his artistic career, have accompanied him, without almost ever being exposed, up to the present. His drawings constitute an intimate diary under several aspects: Fogli reveals his dreams, his ‘fishing’ in the unconscious and subconscious, but also his nightmarish daydreams; his attitude to interpret reality according to speculative and symbolic modalities, his feverless and cool-headed deliriums, as well as a constant and ambivalent spectrum of erotic and sexual impulses. The figures – often there is no more than on of them –  are like apparitions of reality and energies that are frequently covered by a veil. Usually the drawings are not large and their intimate character is strengthened by the fact that the image seems mountyed in the center of the sheet, just like a figure, or imprint, that emerges from within a cut stone. […]

 

Peter Weiermair

in A.F., Scala reale, Diagonale/Galleria d’Arte Moderna Bologna, Roma 2002

(trad. Lorenzo Gabutti e Maria Pia De Martin)

 

 

 

 

__________  6  __________

DIARIO DELL’ ARGILLA

 

Diario dei 59 grani d’argilla (Il Fantasma della Storia), 10.6.2013 / 30.9.2014, 59 sculture in terracotta, h. circa 27 cm., installazione 300×150 cm.

 

 

 

” Berenson ha scritto  una volta che  in un’opera d’arte l’espressione del volto era per lui  così inutile e  disturbante, che se si trovava di fronte a una statua antica priva di  testa, di rado ne sentiva la mancanza. Le sculture  di Andrea Fogli sono esattamente il  contrario:  volti senza corpo, ma così carichi di espressione,  che non ne sentiamo la mancanza.

Ciò che chiamiamo volto (vultus), dicevano i romani, non può esistere in nessun animale, ma solo nell’uomo, perché  esprime l’elemento morale. Ma questo elemento non è un segreto incomunicabile né qualcosa che sta dentro l’uomo e deve essere portato a espressione. Ciò che nel volto appare è l’essere irreparabilmente esposto dell’uomo, il divenir visibile del linguaggio stesso (non di questo o quel discorso, di questo o quel messaggio). Ciascuno dei  59  “grani  d’argilla” di Andrea Fogli  esprime a suo modo questa pura esposizione. Essi si somigliano tutti, ma nel senso in cui la parola latina similitudo rimanda alla simultas, all’essere insieme (simul) dei visi  umani in un unico volto assente. E’ come se l’espressione di ciascun figura (“schiva e imbronciata”, “impaurita”, “fiera e triste allo stesso tempo”, “silenziosamente contrariata”, ”in femmineo ritegno”) fosse qui convocata e tesa al di là di se stessa, verso una pura inespressività: idea del linguaggio.

Ciò significa che nel volto viene a espressione la stessa espressione, che ciò che in esso si comunica è la stessa comunicabilità: questo è l’ “elemento morale” unicamente umano di cui parlavano i romani. Qui non vi è più nulla da vedere, perché ciò che si ha da vedere è una  pura visibilità. Ma questa può apparire solo in un  volto, faticosamente, solo in quel volto, in quella “testa rossa fuoco-sangue”, in quella “tutta ocra che sembra una madonna”, in quel “vecchio cieco che guarda fisso avanti a  sé”. […] Così appaiono al loro autore i volti di Andrea Fogli, come se avessero attraversato qualcosa di grave e di atroce, di lungo e di dolce, di cui egli deve a sua volta testimoniare ”

 

Giorgio Agamben

In A.F.,Diario della polvere e dell’argilla, Quodlibet, Macerata 2018

 

 

 

”  Bernard Berenson once wrote that “so unnecessary do I find facial expression, and indeed, at times, so disturbing, that if a great statue happens to be without a head, I seldom miss it.” The sculptures of Andrea Fogli are exactly the opposite:  faces without bodies, but so full of expression that we do not miss them.

What we call face (vultus, as the Romans said) cannot exist in any animal, but only in man, because it expresses the moral element. But this element is not a secret that cannot be communicated nor something that lies inside man and must be brought to expression. What appears in the face is the irreparably exposed being of man, the becoming visible of the language itself (not of one particular thought or message). Each of Andrea Fogli’s 59 “beads of clay” expresses, in its own way, this exposure. They all look alike, but in the sense that the Latin word similitudo refers to the simultas, to the being together (simul) of human faces in a single absent face. It is as if the expression of each figure (“shrinking and frowning”, “afraid”, “proud and sad at the same time”, “silently annoyed”, ”with feminine restraint”) were called up here and extended beyond itself, towards pure inexpressiveness: an idea of language.

This means that in the face the expression itself comes to expression, that what is communicated in it is the power to be communicated itself: this is the uniquely human “moral element” of which the Romans spoke. Here there is nothing more to see, because what is to be seen is pure visibility. But this can only appear in a face, with great effort, only in that face, in that “red head of fire-blood”, in that “ochre woman who looks like a Madonna”, in that “old blind man staring in front of him”. […]  This is how the faces of Andrea Fogli appear to their author, as if they had experienced something serious and terrible, long and gentle, to which he in turn must bear witness ”

 

Giorgio Agamben

in A.F. Diary of powder and clay, Quodlibet, Macerata 2018

(trad. Mark Eaton)

 

 

 

_________  7  __________

VEDENTI

 

I Vedenti, 2002/2024, 111 disegni a matita su carta, cm50x65

Atlante zero, 2002/2024, cera, gesso, pittura su muro e scritta

 

 

 

         

Pier Paolo Pasolini, Bernadette Subirous

 

“[…] Pensando agli “occhi” di Andrea Fogli, gli ho chiesto se mai gli fosse venuto in mente di inserire tra i suoi Vedenti Giulio Paolini o Giuseppe Penone. Gli ho chiesto di Paolini e Penone perché parlando qua di occhi, tanti occhi, ma anche di arte non possiamo sfuggire a due tra gli occhi più noti della seconda metà del ‘900. Quelli datati 1967 del Giovane che guarda Lorenzo Lotto da un’opera di Paolini e quelli specchianti del 1970 di Penone in Rovesciare i propri occhi. Le intenzioni di fondo dei due artisti dell’Arte povera rispetto a quelle di Fogli sono altre. Più che vedenti gli occhi di Paolini e Penone sono guardanti. Nello sguardo suggerito tra il giovane ritratto da Lorenzo Lotto, Lorenzo Lotto e Paolini stesso si consuma una liaison privatissima, dove non c’è nulla da vedere, ma solo voyeuristicamente da guardare e riguardare, fino a diventare matti o santi. Anche Penone indossando un paio di lenti specchianti evita letteralmente di vedere, lasciando all’oggettività cieca dello specchio che sostituisce la sua pupilla il compito di guardare,

in senso quanto mai più stretto. I Vedenti di Fogli invece ci vogliono vedere. Molti tra loro non hanno sopportato le loro stesse visioni e sono morti suicidi. Anche altri hanno visto dannatamente bene cosa accadeva attorno, tanto da morire ammazzati. Eppure, per farli vivere più a lungo possibile almeno nelle nostre teste, anche Fogli ha scelto di usare uno stratagemma che, come quello di Penone e di Paolini, sussurra allo spettatore una domanda. Cosa pensa il giovane mentre guarda Lorenzo Lotto? Cosa si specchia nello sguardo cieco di Penone? Di chi sono questi occhi nudi che mi guardano così intensamente? […] ”

Denis Isaia

in I Vedenti, Corraini, Mantova 2025

 

 

         

Maria Gimbutas, Franz Kafka

 

 

 

IL CORO DEI VEDENTI / THE CHOIR OF THE SEEING

Berta Càceres

Mark Fisher

Chantal Akerman

Alexander Langer

Jim Morrison

Alighiero Boetti

Fabrizio de Andrè

Carmelo Bene

Edward Said

Susan Sontag

Andrei Tarkovsky

Miriam Makeba

Guy Debord

Jan Luc Godard

Harold Pinter

Amelia Rosselli

Martin Luter King

Che Guevara

Agnès  Varda

Yves Klein

Stanley Kubrick

Tatsumi Hijikata

Guido Ceronetti

John Berger

Franco Basaglia

Yves Bonnefoy

Cristina Campo

Jonas Mekas

Pier Paolo Pasolini

Joseph Beuys

Maria Gimbutas

Clarice Lispector

Paul Celan

Federico Fellini

Agnes Varda

Nelson Mandela

Etty Hillisum

Albert Camus

Meret Oppenheim

Wols

Masanobu Fukuoka

Ernst Schumacher

Akira Kurosawa

Madre Teresa di Calcutta

Simone Weil

Salvator Allende

Simone de Beauvoir

Frida Khalo

Hannah Arendt

Roberto Rossellini

Samuel Beckett

Giacinto Scelsi

Witold Gombrowitcz

Maria Zambrano

Walt Disney

Alberto Giacometti

Adriano Olivetti

Antoine de Saint- Exupéry

Luis Bunuel

Jorge Luis Borges

Henri Michaux

Charlie Chaplin

Amelia Earhart

Antonin Artaud

Tina Modotti

Andrè Breton

Rachel Bespaloff

Jiddu Krhisnamurti

Ernst Jünger

Aldous Huxley

Vladimir Majakovskij

Marina Cetvaeva

Renée Falconetti

Walter Benjamin

Alberto Savinio

Egon Schiele

Anna Achmatova

Fernando Pessoa

Georgia O’Keeffe

Ezra Pound

Gaston Bachelard

Pavel Florenskij

Paul Klee

Albert Einstein

Robert  Walser

August Sander

Carl Gustav Jung

Arnold Schoenberg

Karl Kraus

Teresa di Lisieux

Rosa Luxemburg

Maria Montessori

Daisetsu Suzuki

Mahatma Gandhi

Frank Lloyd Wright

Aby Warburg

Camille Claudel

Hilma af Klint

Rudolf Steiner

Charles de Foucault

Sigmund Freud

Arthur Rimbaud

Bernadette Soubirous

Toro Seduto

Lev Tolstoj

Fedor Dostoevskij

Charles Baudelaire

John Ruskin

Henry David Thoreau

Edgar Allan Poe

& Philippe Petit

 

 

24 giugno 2002, Festa del Battista decollato & delle Streghe

Osservando una carta geologica dei continenti e dei fondali marini ho visto impressa sulla superficie del mondo l’immagine di un agnello piegato sulle ginocchia e con la testa riversa all’indietro.

*

24 June 2002, Feast of the decollation of Saint John the Baptist & Night of the witches

While examining a geological map of the continents and of the seabeds, I saw imprinted on the surface of the world the image of a lamb bending on its knees and with its head tilted backwards.

 

 

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